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ALLUVIONI IN CALABRIA: INTERVIENE L’ORDINE DEGLI AGRONOMI E FORESTALI

Il presidente Cufari: “Migliorare la prevenzione e la mitigazione del rischio idrogeologico”. Di Maria Scorpiniti

CARIATI – Con le ultime  alluvioni, la Calabria ha pagato un tributo alto in termini di morti e danni subiti. Tra le cause dei disastri, ci sono l’inadeguata pianificazione del territorio e la scarsa considerazione il rischio idrogeologico: nel nostro Paese, all’organizzazione del territorio si antepone la fatalità. A sostenerlo, è il cariatese Francesco Cufari, presidente della Federazione degli Ordini dei Dottori Agronomi e Forestali della Calabria, che dichiara: «È vero che ci sono i cambiamenti climatici in atto, come evidenzia il rapporto Global Warming presentato al summit di Incheon-Songdo, in Corea del Sud, dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, ma per quanto riguarda le precipitazioni eccezionali che si sono abbattute in Calabria, in parte prevedibili, non è possibile che ogni volta si discuta sulla mancata prevenzione e sulle responsabilità dei disastri ambientali e della perdita di vite umane».

I Dottori agronomi e forestali, fin dalle prime ore post-alluvione, hanno effettuato i monitoraggi nelle aree rurali colpite, mettendosi a disposizione delle aziende, delle istituzioni locali e della Protezione Civile per il censimento dei danni. Secondo i presidenti degli ordini territoriali Giuffrè, Celi, Talotta e Greco, le zone più devastate sono il Lametino, il Vibonese e la fascia Ionica centrale, ma ovunque vi sono stati frane e smottamenti. Gli agricoltori di queste zone lamentano, oltre la perdita del prodotto, la distruzione degli impianti irrigui, delle recinzioni, il danneggiamento delle strutture rurali e una sofferenza degli agrumeti a causa del perdurante ristagno idrico. Negli agglomerati urbani, le ragioni del disastro vanno ricercate nell’accentuato disordine urbanistico, mentre il territorio restante è stato in gran parte dimenticato dai privati e dalle amministrazioni pubbliche: «Spesso viene meno la manutenzione ordinaria, i piccoli comuni hanno difficoltà a fronteggiare le spese”, denunciano i presidenti territoriali.

Se è vero che la Calabria è uno dei paesi europei più predisposto al dissesto, è pure vero che a rendere difficile la valutazione del rischio idrogeologico è l’eterogeneità degli assetti geologici e l’ampia gamma di condizioni microclimatiche. Un equilibrio fragile, sconvolto dall’abusivismo e da una cementificazione priva di regole, continua la Federazione, dalla continua urbanizzazione lungo i corsi d’acqua e dal disboscamento, a cui si aggiungono l’abbandono del territorio montano e collinare e la riduzione della manutenzione delle opere di regimazione delle acque e di stabilizzazione dei versanti.

Per la Federazione regionale, è mancata una seria politica di prevenzione, con risorse finanziarie messe a disposizione solo a disastro avvenuto. Occorre, pertanto, superare la dimensione dell’emergenza con una seria pianificazione che metta al primo posto la gestione sostenibile del territorio, una risorsa da proteggere e non da sfruttare. Nella prevenzione, è indispensabile l’opera di manutenzione con investimenti per la messa in sicurezza e questo consentirebbe la riduzione dello stanziamento di fondi per riparare i danni causati dalle calamità. «La prevenzione va attuata attraverso misure complementari – suggerisce il presidente Cufari – con una corretta pianificazione territoriale che impedisca di costruire edifici in zone pericolose; occorrono – conclude – interventi strutturali di difesa del suolo per la mitigazione del rischio nei centri abitati e nelle infrastrutture, reti di monitoraggio con l’attivazione di sistemi di allerta, una pianificazione di protezione civile per la gestione del ciclo dell’emergenza in tempo reale».