La replica a chi li accusa di intasare lo Spoke di Rossano
di Maria Scorpiniti
CARIATI – Non ci stanno i sanitari, in particolare i medici del Punto di Primo Intervento dell’ex ospedale di Cariati ad essere tacciati come coloro che contribuiscono all’intasamento del Pronto Soccorso di Rossano, dirottando pazienti senza che ce ne sia l’effettiva gravità. “Con i pochi mezzi che abbiamo a disposizione – affermano – senza un laboratorio analisi attivo h24 e senza nemmeno un ecocardiogramma, in presenza di patologie gravi come crisi respiratorie e problemi cardiacisiamo costretti a inviare i pazienti all’ospedale più vicino, che è quello di Rossano”.
Il rilievo era stato mosso in un articolo di stampa del 19 gennaio scorso, che sollevava un problema di “traffico dirottato” presso il Pronto soccorso dello Spoke di Rossano, con lunghe ore di attesa dei pazienti e con medici e infermieri in malattia “anche per il carico di lavoro”. L’articolista, infatti, riferiva di “alcuni pazienti giunti dal Punto di Primo intervento dell’ex ospedale di Cariati, inviati a quanto pare in tutta fretta a Rossano in codici alti senza essere effettivamente in grave pericolo”.
Pronta la replica degli operatori del PPI di Cariati: “Comprendiamo il pesante carico di lavoro dei colleghi – spiegano – ma anche noi non ce la passiamo meglio; cerchiamo – continuano – di intervenire in condizioni difficili e di dare risposte sanitarie nonostante la scarsità di mezzi e personale”. I medici di Cariati, in proposito, sottolineano che inviano a Rossano solo pazienti gravi e non “in tutta fretta” come risulta nell’articolo del 19 gennaio scorso. Il fatto che a Rossano, come sottolineava il suddetto articolo, i pazienti in coda nel Pronto Soccorso avevano raggiunto il numero di trenta, rivela il punto debole dell’organizzazione del servizio di emergenza – urgenza territoriale e il “superlavoro” del personale, che deve intervenire su una vasta utenza di 220 mila abitanti, qual èquella della Sibaritide.
L’intasamento di Rossano, chiaramente, è dovuto anche al fatto che l’ospedale è più facilmente raggiungibile rispetto a quello di Corigliano, ubicato nel centro storico cittadino; inoltre, l’emergenza è l’ennesima conferma delle gravi conseguenze determinate dalla chiusura nel 2010 di due ospedali “di frontiera”: Cariati e Trebisacce, sulla cui urgente riapertura ormai tutti concordano. L’auspicio generale, quindi, è di un serio intervento della nuova Giunta Regionale e dell’Asp a livello di riorganizzazione della rete dell’emergenza – urgenza nel Basso e Alto Jonio cosentino, per garantire Livelli di Assistenza più umani e soprattutto più garantiti, come potrebbero essere con la riapertura di Cariati e Trebisacce.