Il compito di scrivere una recensione sulla nostra Escursione mi viene affidato in Pullman, ad avventura appena iniziata,dall’ottimo organizzatore Mimmo Pace, una delle colonne del CAI di Castrovillari, forse perche (eccessivamente) compiciuto dalla lettura di un altro mio articolo. Mimmo mi raccomanda di scrivere un articolo che non sia troppo lungo, ma neanche troppo corto, non troppo stretto ma neanche troppo largo, e cercando di interpretare al meglio il suo pensiero provo a scrivere della nostra recente esperienza al Circeo e alle isole Pontine.
Giorno 22 giugno alle 6 in punto, partiamo in 45 people dal punto di ritrovo a Castrovillari , in perfetta puntualità, a bordo di un bellissimo autobus bianco, con targa rilasciata recentissimamente dalla motorizzazione, ma di aspetto decisamente vintage, con l’aria condizionata che funziona al massimo oppure non funziona affatto, con gli ammortizzatori d’epoca, ma con il vantaggio mio personale e di Cosimo Damiano, seduto accanto a me, di occupare un posto assai più spazioso di quello degli altri, posto che con scuse varie io e lui siamo riusciti a difendere dai continui attacchi dei nostri colleghi di esperienza, sistemati in posti meno comodi.
Il viaggio della durata di circa 6 ore comprese due soste, a Contursi e in prossimità del Circeo. Mimmo ha organizzato tutta l’escursione nei minimi dettagli e durante il viaggio, trasformandosi in cicerone, ci illustra le caratteristiche dei posti che visiteremo, in maniera tale da assaporarne in anticipo la bellezza. Come in ogni altra occasione gli amici del CAI di Castrovillari sono assai generosi con i compagni di avventura e durante la trasferta ci riforniscono di dolci e prelibatezze fatte in case. Tra queste mi piace sottolineare l’originalità di Teresa e di Rosemarie, sua amica inseparabile, che ci fanno assaggiare cibi “comunissimi”, ma molto buoni come i semi di cotone e i fiori di loto, che ben si accordano con l’atmosfera del posto che andiamo a visitare.
Durante il viaggio abbiamo inoltre modo di apprezzare almeno in parte le caratteristiche del promontorio, e ovviamente del parco nazionale del Circeo che ne è parte. La vegetazione è ricchissima, e le vette, pur non essendo agevoli da raggiungere anche per escursionisti provetti, quali noi modestamente ci consideriamo, si trovano ad altezze collinari. Il Picco di Circe, la punta più alta, si trova a 541 metri slm. Questo è il motivo per cui la vegetazione è così fitta, fatta di Lecci, querce da sughero, olivastro, lentisco e tante altre specie ancora, tipiche della macchia mediterranea, e comuni ad ambienti collinari dei nostri territori.
Noi non visiteremo, durante la nostra escursione, il picco del Circeo, e neanche tanti altri posti caratteristici del luogo per vedere i quali occorrerebbe molto più tempo di quello che abbiamo a disposizione. Tuttavia nel pomeriggio, dopo essere scesi all’albergo “Il Giardino degli Ulivi” di San Felice del Circeo, e dopo esserci rinfrescati per un tempo appena necessario alla bisogna, col nostro autobus, siamo andati a visitare nei pressi del lungomare Sabaudia uno dei laghi salmastri che sono separati dal mare da un cordone sabbioso che si estende per diversi chilometri. Dall’inferriata di uno dei ponti che sovrastano questo lago abbiamo dato libero sfogo alla nostra voglia di selfies, cercando di immortalare in tutti i modi la nostra presenza in un posto così particolare. Se non altro perché ci consentiva di vedere nello specchio di acqua non limpidissima al di sotto di noi pesci come cefali, spigole ed anguille, mentre in lontananza la foresta del Circeo, con la sua ricca vegetazione tipica della macchia mediterranea, contribuiva a rendere ancor più accattivante la bellezza del paesaggio.
Per chiudere la giornata i più volenterosi tra noi, quasi tutti vista la non eccessiva difficoltà del percorso, di ritorno dal lago, hanno deciso di risalire la strada che dal centro di San Felice del Circeo porta all’acropoli del Circeo passando per il famoso cimitero monumentale che ospita le tombe di personaggi famosi. Camminare da trekker è qualcosa che immediatamente rinfranca me e i miei compagni di avventura: il passo regolare in salita con la fatica e il po’ di sudore che ad essi si accompagnano, e che le nostre gambe richiedono, e quasi esigono al termine di una giornata trascorsa per molte ore in pullman, ci ridanno una sensazione di vigoria, l’impressione di poter arrivare dappertutto e di essere quasi in grado di superare ogni ostacolo. Tra i Primi ad arrivare sull’acropoli l’organizzatore del viaggio Mimmo e sua figlia Natalie, che sono i primi a scorgere un cinghiale che alla nostra vista, o forse per motivi del tutto suoi, si dilegua. Poco oltre troviamo una pattaglia dei carabinieri ai quali alcuni di noi, piuttosti allarmati, riferiscono della presenza del cinghiale. Sono i gesti più che le parole dei carabinieri a farci capire di esserci spaventati per nulla e che per simili schiocchezze essi preferirebbero non essere disturbati.
Sabato 23 giugno partiamo in pullman alle 7.45 in punto da San Felice in direzione di Gaeta, raggiunta dopo circa un’ora di viaggio. Dove andiamo a visitare il Santuario della Montagna Spaccata, o della Trinità, e la Grotta del Turco. Come tutti sanno, il Santuario è stato costruito sopra una spaccatura della roccia che sovrasta il luogo, e da una loggetta accanto al Santurario è possibile vedere dall’alto il mare azzuro che si insinua tra la fenditura, quasi come un mini fiordo norvegese. Sensazione similea chi si trova al di sopra di un dirupo maestoso e temibile si prova dal 60mo gradino della Grotta del Turco (per motivi di manutenzione non è possibile scendere i 272 gradini ricavati nelle viscere della montagna e che consentirebbero di giungere fino alla spiaggetta che viene lambita dal mare che si insinua tra la roccia spaccata). Il mare assume il colore di un azzurro cupo, il rumore della risacca e il bagliore di luce che è appena possibile vedere oltre la grotta danno una ulteriore sensazione di grandiosità della natura, e, per i credenti, della potenza di Dio che volle che questa spaccatura avvenisse lo stesso giorno del crollo del tempio di Gerusalemme in coincidenza con la morte di Gesù.
Dopo la visita di tutti al Santuario, la meta che con i compagni più stretti di avventura ci prefiggiamo di visitare è il Castello di Gaeta: una fortificazione imponente composta di due parti una bassa, detta angioina, e una più alta aragonese. La storia di questa struttura mastodontica, che, come apprenderemo durante il percorso per raggiungerla, è chiusa al pubblico perché sede di caserme militari, e fino a poco tempo fa anche di un carcere militare (ricordate il famoso detto tra militari: ti mando a Gaeta…) ha origini che risalgono a sesto settimo secolo, al tempo dei longobardi e delle lotte contro gli invasori barbari. Successivi ampliamenti e ristrutturazioni furono operate anche da Federico II di Svevia e persino da Carlo V fino a che questo poderoso maschio fini nelle mani della dinastia borbonica fino al 1861, quando, dopo una strenua resistenza, i sovrani borbonici consegnarono ai Piemontesi (purtroppo, secondo molti di noi) il Regno delle due Sicilie.
Il Tempio di San Francesco d’Assisi, è il posto che andiamo a visitare immediatamente dopo. Alto solenne, con un sagrato a cui si accede da un’ampia scalinata, presenta una facciata di ingresso caratterizzata da numerose statue e da un ampio portale cosiddetto a strombatura, che da accesso all’interno della chiesa in monumentale stile neogotico: al tempo stesso solenne e spartano, a tre navate con una volta ricca di motivi ogivali, cioè con caratteristiche semplici e scarne, ma al tempo stesso di ampio respiro, che personalmente mi affascinano al pari delle chiese assai più ricche e ornate.
Ma è la domenica la giornata più bella della nostra vacanza. Perché prevede la gita in barca all’isola di Ponza, la sua circumnavigazione e la visita alla stupenda isola di Palmarola. Da San Felice del Circeo ci imbarchiamo attraverso il molo B sulla nave che in circa 70 minuti ci porta a Ponza. Il mare è piuttosto agitatato e molti del nostro gruppo non reggono al mal di mare e soffrono tremendamente il viaggio, alcuni addirittura vomitano. Poi per incanto in prossimità di Ponza il mare lentamente diventa calmo e il malessere di molti diventa solo un ricordo.
Dopo un breve giro intorno al porticciolo di Ponza, fatto non prima di aver sorseggiato un caffè alla modica cifra di 2 euro cadauno, e dopo aver ammirato stradine linde pulite ed eleganti, attorno alle quali si trovano negozietti dalle pareti coi colori pastello, dopo aver ammirato la darsena ricca di barche di ogni dimensione, e alcuni yachts che suscitano l’invidia di molti, dopo aver rimirato le numerose imbarcazioni del posto e la bellezza del loro riflesso nelle acque azzurre, ci dirigiamo senz’altro (per tema di potere incappare, in caso di ritardo, nelle ire di Mimmo) al punto di partenza della nostra imbarcazione, e prendiamo tutti posto a bordo della barca Concetta II, della Cooperativa barcaioli Ponzesi, comandata dal simpaticissimo Vincenzo che ci illustra col suo simpatico accento napoletano nel corso della navigazione le caratteristiche delle Isole Ponza e Palmarola.
Il mare è ormai calmo, ma siamo rimasti circa in 25 a navigare intorno a Ponza e in direzione di Palmarola (gli altri non se la sono sentita di correre il rischio di stare nuovamente male). Dal porto ci dirigiamo verso la punta sud dell’isola dove si trova il Faro della Guardia, dopo aver superato i numerosi faraglioni che si susseguono nel corso della navigazione. Tra essi ricordo i faraglioni della Madona e i faraglioni del Calzone muto, che si distinguono per la loro imponenza e maestosità. Ma dalla barca tutto sembra imponente selvaggio e suggestivo: la scogliera a picco sul mare che da spazio di tanto in tanto a delle belle chiaie come quella di chiaia di Luna, la vegetazione a tratti fitta a tratti rada che dall’alto ricopre l’isola, e soprattutto il mare azzurro e turchese, che incanta e affascina, come incantano ed affascinano i gabbiani e gli altri volatili i cui versi si confondono e si armonizzano con il suono delle onde del mare che si infrangono sulla scogliera.
A metà della circumnavigazione di Ponza ci dirigiamo senz’altro verso Palmarola, dove prevediamo di fare il bagno alla cala del Francese, e a ridosso della scogliera detta della Cattedrale.
Arriviamo finalmente alla prima baia. Dove sono presenti altre imbarcazioni e altri turisti che fanno come noi. Siamopreparatissimi, tutti in costume, e pronti a fare a primo tuffo della stagione. Il nostro capitano ci prometta che verrà a riprenderci a bordo di Concetta II dopo una mezzora per darci il tempo di un bel bagno. Quasi nessuno si lascia scoraggiare dalla spiaggia pietrosa, e dall’acqua piuttosto fredda: il sole per fortuna non ci tradisce, e la sensazione di freddo che si prova appena ci si bagnasparisce subito per lasciar posto all’incanto di immergersi in acque cristalline di un magico e lindo color azzurro turchese.
Ripresa la navigazione attorno a Palmarola facciamo rotta in direzione della falesia della Cattedrale, la cui parete a picco sul mare, senza che esista ovviamente alcuna possibilità di essere raggiunta altrimenti che attraverso imbarcazioni, presenta delle caratteristiche striature longitudinali della roccia tali da farla somigliare ad un gigantesco organo. Accanto ad essa grotte imponenti, e suggestive, bellisime, meritevoli di ogni più approfondita ripresa fotografica da parte di noialtri profani, che in questo modo cerchiamo quasi di stemperare il timore reverenziale che simile bellezza della natura reca. Perciò, appena Vincenzo ce lo consente, tutti a fare un tuffo in queste acque cristalline, a cominciare da Francesco, un ragazzo quindicenne, silenzioso nel corso della navigazione ma pronto a impartirci lezioni di tuffi e di coraggio. Ma, insomma, alla fine nessuno di noi resiste al fascino di immergersi in un mare così bello, in un posto così affascinante e selvaggio durante una bella giornata di sole.
Di nuovo a bordo, la barca si muove nuovamente in direzione di Ponza, non prima di averci fatto vedere le grotte del Mezzogiorno: una serie di grotte una all’interno dell’altra bagnate da un mare ancora una volta magico e cristallino, di una bellezza paragonabile se non superiore a quella della Grotta azzurra di Capri. Negli occhi e nella mente di noi tutti scorrono ancora le immagini di uno spettacolo sorprendente e incantevole, degno delle leggende di Omero e dell’Odissea, dell’incanto della maga Circe che nel promontorio omonimo esercitava le sue arti magiche nei confronti dei compagni di Avventura di Ulisse.
Tanti sono i posti e tante le suggestioni che la navigazione attorno alla parte orientale dell’Isola di Ponza induce in noi. Ricordo solo a titolo di esempio i faraglioni di Lucia Rosa e l’impressionante arco naturale, un grosso faraglione con una fenditura all’interno di esso tale da farlo somigliare ad un arco, un portico naturale attraversato dal mare e illuminato dall’azzurro del cielo di una bella giornata di sole.
Il viaggio termina al porticciolo di Ponza dove rientriamo, e da dove poco dopo siamo pronti a prendere nuovamente la motonave,che questa volta, in condizioni climatiche decisamente più accettabili, ci riporta senza traumi e senza scosse a San Felice del Circeo. Da dove, tristemente (la gita ormai volge al termine) entriamo a bordo del nostro fantastico bus vintage per rientrare alle due di notte di lunedì 25 giugno al punto di Partenza di Castrovillari.
L’esperienza vissuta è piaciuta più o meno a tutti: e tanti sono i complimenti che rivolgiamo a Mimmo Pace per la tenacia e l’organizzazione perfetta del viaggio. Molti di noi trekker, o presunti tali, ci siamo rivisti in questa occasione. Con Pino Enzo Emanuele e Damiano abbiamo condiviso un’altra delle nostre avventure, ritrovando il piacere di stare insieme in posti bellissimi, ed estranei dal nostro mondo di tutti i giorni e dallo stress incorporato che lo caratterizza. Ma è stato interessante e divertente conoscere anche gli altri partecipanti, con ognuno dei quali è stato bello ed interessante discutere per tre giorni o quasi di fatti comuni e al tempo stesso dei massimi sistemi.
Naturalmente molto più complessa e intricata di quanto raccontato in queste poche righe è la storia di questi posti, e tante estraordinarie vicende si sono succedute attorno a Gaeta e nell’agro pontino nel corso dei secoli. La riscoperta di questi luoghi, così come dei nostri luoghi, andrebbe fatta in modo forse più approfondito, anche se in questo modo sfuggirebbe all’obbiettivo che i visitatori si pongono quando visitano Ponza e il parco del Circeo, o qualsiasi altro posto degno di attenzione: quella di vivere una esperienza all’insegna della bellezza della natura e delle meraviglie di cui ogni angolo della nostra nazione (compreso il nostro ionio) è ricco e che andrebbe valorizzato e fatto patrimonio di tutti i cittadini della nostra nazione.
Angelo Mingrone